La mia azienda sono 8 ettari di vigneti in un corpo unico attorno a Cascina Crosa. Devo dire grazie a chi mi ha preceduto. Sono stati quasi tutti reimpiantati da mio padre negli Anni 90.
La vigna di cui vado più orgogliosa è la San Giuliano. «San Giuliano» è una delle 66 Menzioni Geografiche Aggiuntive consentite dal disciplinare del Barbaresco. Fino al 1995 era Mga «Gallina», poi fu suddivisa. Un ciabot, casettina in mattoni tipica della Langa, domina collina e vigna. Custodisce la statua del santo che dà il nome alla Mga. È di proprietà della Curia ed è Patrimonio Culturale. Vigna e ciabot sono l’anello di congiunzione di quattro generazioni della mia famiglia.
Nel 2010 abbiamo ristrutturato porte e finestre in legno che fece mio nonno Giuseppe a inizio Novecento. Mio figlio Simone dice che quel luogo è magico. Io dico che qui c’è il genius loci, l’anima dell’azienda. Ogni anno, a capofilare, pianto una rosa color Barbaresco. Qui nascono le 8 mila bottiglie di Barbaresco Bricco San Giuliano e le mille di Barbaresco Riserva Bricco San Giuliano.
Altra vigna di proprietà è il Cascina Crosa: sono 4 mila metri ed è lo storico vigneto dell’azienda. È stato piantato 65 anni fa da nonno Giuseppe ed è sotto il campanile di Neive. Quando siamo in vigna, sentiamo battere le ore.
Curiamo anche un piccolo vigneto di Freisa, poco meno di 4 mila metri, un vitigno che sta scomparendo in Langa. Era il vino preferito da mio papà Pasquale. Ne produco 4 mila bottiglie. La vendiamo bene all’estero, soprattutto in Canada, dove stanno crescendo consumatori curiosi interessanti ai vitigni di nicchia.
Infine, abbiamo una «giornata» (misura piemontese per 3800 metri) di Favorita, anche in questo caso un vitigno che mantiene il contatto con le radici della mia famiglia.