Sono entrata ufficialmente in azienda il 6 giugno 1986. Avevo 15 anni e sono cresciuta correndo tra i filari. Conoscevo già bene gli umori della terra e il profumo dell’uva.
Mi piaceva tanto studiare. Avevo appena finito il primo anno alla Scuola Enologica di Alba con ottimi risultati. Sapevo già cosa voleva fare da grande. Dei 700 studenti sono una delle pochissime donne che frequentano quella scuola molto maschile.
All’epoca c’erano meno di dieci studentesse. Mio papà era un uomo intelligente ma aveva la mentalità vecchio stampo del contadino di Langa: decide che devo smettere di andare a scuola. «Alle donne non serve studiare» mi diceva.
Ho lasciato gli studi e ho cominciato a lavorare accanto a lui: ascoltavo, imparavo e cercavo di carpire i segreti del mestiere. Ero attenta a tutto quello che diceva e faceva mio papà.
Una data segna la mia vita: il 27 settembre 2007. Da pochi giorni papà ha compiuto 68 anni, e improvvisamente muore. L’uva è matura, è quasi ora di vendemmiare. Così mi sono rimboccata le maniche e il giorno dopo il funerale di mio padre, il 1° ottobre, ho cominciato a vendemmiare.
Inizia così la mia parte in questa azienda. Con lui, si producevano il Barbaresco Cascina Crosa, il Langhe Favorita, il Dolcetto d’Alba, il Langhe Nebbiolo e il Langhe Freisa. Negli anni, ho portato novità: è una mia creazione il Barbaresco che rivendica la MGA, la Menzione Geografica Aggiuntiva, San Giuliano.
Dalla vendemmia 2007, il Barbaresco Bricco San Giuliano, in commercio dal 2010; poi, nel 2010, il Barbaresco Riserva Bricco San Giuliano uscito nel 2015. Dalla vendemmia 2009, ho chiesto a Carlo Arnulfo di aiutarmi con la sua esperienza agronomica ed enologica in azienda. «Questa cascina è una bumbunera!», questa cascina è una bomboniera, ha esclamato il primo giorno che ha visto Cascina Crosa. Ne sono orgogliosa: è una realtà piccola ma ben fatta, come una bomboniera.
Oggi accanto a me, lavora mio figlio Simone, classe 1999, diplomato alla Scuola Enologica nel 2018. A lui, piace innovare in vigna e in cantina ma sul Barbaresco non gli lascio ancora mettere le mani!
Ha già creato la sua novità: il Langhe Nebbiolo che porta il suo nome. Un’etichetta che va ad affiancare l’altro Langhe Nebbiolo che porta il nome in dialetto di mio papà: Pasqualin. L’ultimo nato viene vinificato in acciaio, l’altro fa un anno in botte. Due espressioni diverse dello stesso vitigno. Per me due generazioni di uomini che amo che in qualche modo restano unite.